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L’obbligo del green pass al posto di lavoro e le sanzioni disciplinari

Diritto del lavoro

L’obbligo del green pass al posto di lavoro e le sanzioni disciplinari

Con il D.L. 127/2021 dal 15 ottobre scorso in Italia è stato introdotto l’obbligo di possesso della certificazione verde Covid-19 (c.d. green pass) per accedere sul luogo di lavoro: tale obbligo riguarda tutti gli spazi nei quali viene svolta un’attività lavorativa, siano essi aziende o negozi, come anche studi professionali, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano al chiuso o all’aperto. Ed ancora tale obbligo va rispettato da tutti i lavoratori, a prescindere dal tipo di contratto utilizzato (lavoro subordinato, lavoro autonomo, consulenza, appalto). L’unica eccezione è costituita dai lavoratori esentati dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica.

Ai datori di lavoro è affidato l’onere di verificare il possesso di un valido green pass (ottenibile con la guarigione dal Covid 19, la vaccinazione o un tampone): il lavoratore privo di green pass non potrà accedere al posto di lavoro e la sua assenza sarà considerata ingiustificata, con l’unica conseguenza disciplinare della trattenuta della retribuzione per tutto il periodo di assenza.

A seguito dell’entrata in vigore del D.L. 139/2021, invece, in caso di richiesta da parte del datore di lavoro, derivante da specifiche esigenze organizzative volte a garantire l’efficace programmazione del lavoro, i lavoratori sono tenuti a comunicare, con un preavviso necessario a soddisfare le predette esigenze, se siano o meno in possesso di green pass. In casi quali il lavoro a turno o i presidi di sicurezza, infatti, è determinante sapere quale sia la forza lavoro su cui si può contare per mantenere la continuità dell’attività lavorativa. Relativamente a questo dovere, l’espressione utilizzata dal legislatore (sono tenuti) consente di ritenere che la violazione (mancata comunicazione) costituisca un inadempimento, questa volta sanzionabile disciplinarmente: ed invero tale violazione comporterebbe anche una lesione del generale dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto, potenzialmente in grado di arrecare gravi danni all’organizzazione aziendale.